Le pensioni del futuro, i fondi pensione.

ImmaginePeriodicamente la stampa economica si fa portavoce dell’industria del risparmio gestito, lagnandosi dalla bassa propensione italica per i prodotti previdenziali, siano essi fondi o polizze

I fondi pensione per il grande pubblico sono una realtà in molti paesi dove la pensione non viene garantita dallo stato se non per la quota di sussistenza ed al volte neppure quella; gli stati incentivano il risparmio di lungo termine nei fondi pensione con vantaggi fiscali ben sapendo che cittadini anziani senza un’adeguata pensione sono un problema sociale che non è facilmente eludibile, anche in paesi fortemente individualisti nei quali la mancanza di denaro nella terza età è considerata una colpa dell’individuo.

In Italia i fondi pensione sono nati come ausilio alla pensione statale, che è la parte preponderante per la quale si pagano contributi fino al 34% del reddito. Purtroppo la situazione negli ultimi anni è cambiata ed a fronte dell’altissimo livello di contributi previdenziali gli Italiani che sono nati dal 1960 in poi riceveranno una pensione che non arriverà al 55% dell’ultimo reddito da lavoro, neppure dopo oltre 40 anni di contributi.

Si comprende bene come, dati i fatti, si dovrebbe assistere ad una corsa al risparmio previdenziale che, invece, non c’è essenzialmente per questi motivi:

  • nessuno ha il coraggio di dire agli Italiani la verità, inviando una comunicazione agli iscritti INPS con la stima della loro pensione futura; si scatenerebbe la rivolta sociale ed i politicanti passerebbero dei brutti momenti.
  • le tasse al 50% del reddito sugli onesti non lasciano spazio per altro.
  • il denaro versato ai fondi pensione non è liberamente disponibile neppure alla pensione.
  • sia i cittadini che l’industria del risparmio Italiane non sono propense alla pianificazione, si guarda solo ai risultati o ai profitti di breve periodo.
  • il sistema dei piani pensionistici italiani è in generale poco flessibile, poco incentivante, costoso e con risultati in termini di rendimento pessimi.
  • moltissimi cittadini, con ottime ragioni, non si fidano abbastanza di banche ed assicurazioni e preferiscono convogliare i risparmi negli immobili o al massimo nei conti deposito con qualche forma di garanzia.
  • il mercato del lavoro non consente ai giovani di pensare al futuro, è già molto se riescono a sopravvivere.

Anche se la poltica crede di poter temporeggiare, dato che il problema di pensioni magrissime si vivrà fra decenni, il tema non sarà eludibile a lungo e si dovranno trovare stumenti credibili per convincere i cittadini a pensare autonomamente al proprio reddito al momento del ritiro dalla vita lavorativa. C’è la strada facile di rendere obbligatorio il risparmio previdenziale ma senza una preventiva riduzione delle aliquote contributive INPS non è immaginabile sottrarre altro reddito ai cittadini.

Dal lato dell’offerta i prodotti vanno resi efficienti e poco costosi e va sviluppato un sistema di  consulenza qualificata ed indipendente che consenta ai cittadini scelte corrette e consapevoli.

Iinfine il fisco deve premiare il risparmio a lungo termine senza però vincolare il denaro, i prelievi devono essere disincentivati fiscalmente ma se il denaro serve il cittadino deve sapere che può averlo in tempi ragionevoli, l’individuo va indirizzato ma responsabilizzato, se vuole usare il denaro destinato alla previdenza per togliersi un sfizio o aiutare i figli deve poterlo fare, seppur conscio di metterere a rischio il suo benessere futuro.

Nel mondo anglosassone esiste il concetto di “denaro sacro” che è quello destinato alla pensione ed all’istruzione dei figli, in Italia lo stesso ruolo è rivestito dall’abitazione che però ha il difetto di non essere “liquida”, una strada potrebbe essere quella di sviluppare ed incentivare strumenti che consentano agli anziali la liquidabilità dell’abitazione senza perderne l’uso.

La missione del governo Monti

Prof. Mario_Monti

Image via Wikipedia

Ora che è disponibile la bozza del provvedimento sulle liberalizzazioni diventa chiaro il mandato di questo governo; le “liberalizzazioni” proposte sono ridicole ed insignificanti, non toccano nessun interesse forte e sono congegnate per poter essere smontate nei passaggi successivi quando le misure concrete dovranno essere applicate da ministeri, autority ed enti locali.

L’unico scopo del provvedimento è gettare fumo negli occhi e giustificare la riforma che interessa veramente a Monti ed ai suoi mandanti : quella del mercato del lavoro. Con la  “legge Biagi” si è trasformato il 30% dei lavoratori in precari, togliendo ai giovani ed alle categorie deboli la stabilità economica, ora si vuole estendere l’esperimento a tutti i lavoratori.

Mario Monti rappresenta il mondo finanziario ed industriale ed in generale i gruppi sociali che vivono di rendita o sulle spalle dello stato, tutti settori che, non solo non sono stati colpiti dai provvedimenti del governo, ma ne sono beneficiari netti e ricambiano il favore sostenendolo con calore per mezzo dei giornali che possiedono.

Dopo la riforma delle pensioni ed il generale aumento delle tasse a carico di chi lavora ora si passa ad annientare il sistema di diritto del lavoro che ha consentito di raggiungere un relativo benessere economico a milioni di Italiani.

Negli ultimi 20 anni  la quota di reddito nazionale appannaggio del mondo del lavoro dipendente si è drammaticamente ridotta in favore delle quote di autonomi, imprese e delle rendite ma evidentemente ciò non è più sufficiente.  La globalizzazione ha ridotto la torta per tutti gli Italiani e quelli ricchi ora predendono di averne una fetta ancora più grande !

Crediamo che, dopo il mercato del lavoro, l’ultimo tassello dell’azione di governo sarà la svendita  delle ultime aziende e proprietà  statali o Comunali in favore dei grandi patrimoni o dei fondi esteri, dopodichè il lavoro sarà finito e potrà salutarci.

La zavorra della previdenza complementare

Il modello di previdenza complementare Italiano ha scarso successo (solo un quarto dei potenziali interessati ha aderito ad un fondo pensione) a causa di molteplici fattori normativi, fiscali ed organizzativi.

Uno degli aspetti più penalizzati è sicuramente la restrizione alla libertà di scelta tra i fondi pensione concorrenti, esistono i fondi di “serie A”, quelli negoziali istituiti da sindacati ed aziende, e quelli di “serie B” istituiti da altri soggetti finanziari.

Quando un lavoratore dipendente aderisce al fondo negoziale della sua categoria (se esiste), ad esempio metalmeccanico o commercio, ha diritto ad ottenere che il suo datore di lavoro versi una quota mensile prestabilita al fondo. Se aderisce ad un altro fondo pensione questo diritto viene meno.

Facciamo un esempio

Mario aderisce al fondo Cometa (metalmeccanici) versando il TFR più il contributo volontario minimo (1,2% della retribuzione base): in questo caso il  datore di lavoro raddoppierà il contributo volontario del lavoratore.  Cometa è un fondo gestito dalle aziende e sindacati che firmano il contratto metalmeccanico, se Mario lo ritenesse inefficiente e volesse rivolgersi a gestori che ritiene più bravi ed affidabili perderebbe il contributo aziendale.

Questo è un vincolo rilevante alla concorrenza tra fondi perché consente a quelli negoziali di vivacchiare tranquilli anche se sono mal gestiti e rendono poco, abbattere il vincolo  sarebbe il primo passo, sebbene non sufficiente, per un vero rilancio del sistema dei fondi pensione integrativi.

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